Poesia I Sulla produzione di Natalia Bondarenko
La produzione poetica di Natalia Bondarenko, raccolta nei volumi Terra Altrui (Samuele Editore, 2012), Confidenze Confidenziali (Rayuela Edizioni, 2013) e Vietato Aggrapparsi Ai Sogni (Guarnerio Editore, 2014), concede confidenze, indaga sogni, intreccia momenti assoluti, assordanti e silenziosi - come pioggia che lacrima da un cielo menefreghista, a cui non fa nessuna differenza saperti con o senza ombrello.
È una poesia diretta, che va dritta al dunque, senza perdersi in voli pindarici (o per lo meno non solo). Difatti, sembra più impersonare il volo di Icaro: arriva al Sole, le ali si sciolgono e cade giù a terra, in picchiata con un boato e un bel buco che diventa cratere. Questo non è perché si schianta. Non è una vera e propria caduta, più un atterraggio, un raccoglimento di beni essenziali, di prima necessità. Dico questo perché è una poetica che coglie i suoi frammenti dai piccoli gesti, dalle cose semplici; una sorta di “vita elementare”, di cui sentiamo il grattare delle sedie intorno al tavolo, l’odore di caffè bruciato, gli scricchiolii di ginocchia fragilissime. È un immaginario in cui le parole sono medicine immediate ed eterne: “durano solo ventiquattro ore ma valgono per sempre”. Si parla di risvegli di cui nessuno si accorge, cose ed emozioni ferme, fermate in un continuo stare in bilico tra il “troppo presto” e il “troppo tardi”, con “piedi storti”: un rimanere sospesi claudicanti, ridicoli.
Su questa altalena sempre in movimento, si affrontano fini, nuovi inizi, lacrime, rinascite, un inesprimibile senso di perdita che in qualche modo è guadagno, poiché “si piange sempre per pagare dei conti”. E tra le gocce dagli occhi e i debiti da saldare, ci troviamo nel mezzo di una nevicata, ad esserne sommersi, gustarci il sapore della materia bianca ghiacciata che il cielo ci butta addosso, per poi soffermarci sul momento, il qui ed ora, e capire che esistono fiocchi di neve con un buco nel cuore.
Bondarenko non ci chiede dello scotch per rattoppare quei buchi e neppure del disinfettante per curarli e porci accuratamente delle bende. No, quello che l’artista ci chiede è di prenderci gioco dei buchi e renderli utili, usarli come un ipotetico scolapasta, guardarci attraverso, farne una lente per scoprire il mondo nelle sue ferite e nelle sue bellezze, tra dolorosi silenzi, indispensabili addii e splendidi scenari ghiacciati in attesa del disgelo. E nell’amarezza del “non avere poi niente da dire” irrompe una certa risata in lontananza, poiché la stessa Bondarenko direbbe che “l’ironia è una cosa seria” (su questo argomento tiene anche una rubrica sulla fanzine Versante Ripido). E così si fotografa “la siccità di un bicchiere”, “la verginità delle ostriche terrorizzate da un limone”, una stella di Natale che punta dritta a schiantarsi a terra (e sì, questa volta è uno schianto vero e proprio!); il tutto alla luce di una “luna a spicchi” che ci illumina il cammino, un pellegrinaggio meraviglioso e sterminato “sempre nello stesso posto sotto la costola numero zero”, per mostrarci “quanto sia elementare la vita”.
A questa presa di posizione ironica, che è uno stile di vita, un modo di prendere le cose, si agganciano le note della hit degli anni novanta Ironic di Alanis Morissette che ci invita a ballare violentemente, come Baccanti incontrollabili, perché l’ironia della vita “è come pioggia il giorno del tuo matrimonio/è un giro gratis quando hai già pagato/…/è un ingorgo quando sei già in ritardo/è un cartello Vietato Fumare durante la tua pausa sigaretta/è come diecimila cucchiai quando l’unica cosa che ti serve è un coltello”.
E dopo la nostra danza sfrenata, non ci resta che sorridere, sdrammatizzare, farci gioco di questa vita elementare che non fa altro che prendersi gioco di noi. E con la filosofia del dente per dente, occhio per occhio, in questo circolo vizioso in cui la serietà dell’ironia ci offre lezioni da imparare, non ci resta che aggrapparci ai sogni, sperando che nessuno ci svegli o che nessuno si accorga dei nostri risvegli silenziosi ed esplosivi.
E poi, ridiamoci addosso.
Ridiamoci su.
Questa, è la medicina.
Nota di lettura a cura di Sara Comuzzo
***
(da Terra Altrui, Samuele Editore, 2012)
Se accettiamo la soluzione del troppo tardi,
il troppo presto diventa una burla
di un molestatore telefonico agguerrito
rinunciando a correre per non sentire nulla -
cresceranno male, le emozioni, con i piedi storti,
le ginocchia fragili e niente muscoli
un figlio della tempestività, mai desiderato
e punito per motivi ridicoli.
*
Mi hai chiesto perché piango.
Se tu mi fossi amico ti direi
perché ho amato troppo.
Perciò, per me trattengo
il nome dell’amore e
a te rispondo che io piango
perché
solo così si paga il conto.
***
(da Vietato Aggrapparsi ai Sogni, Guarnerio Editore, 2014)
Finirà in un pomeriggio d’ottobre
verso le quattro,
[magari anche prima]
nel grattare delle sedie attorno al tavolo,
nel rumore dei rubinetti, della pioggia
e della moka con l’odore di bruciato,
nel morso del labbro per l’inquietudine,
nel tentativo tuo di farmi ‘guarire’
[la predica domenicale del lunedì,
del mercoledì e del venerdì]
finirà così,
nel mio testardo rimanere inguaribile,
il nostro niente da dire.
*
La voce che sfugge all’udito,
la ruga che
si mimetizza nella tartaruga,
cerca di essere dura,
più dura di un sasso per strada,
più lunga della strada per Duino.
Prima -
l’inverno morto senza la stretta di mano,
poi l’estate alluvionata
alla quale chiederò sotto voce
in che direzione è andato il tuo sangue,
o,
dentro il quale non-poesia di Battiato
possiamo salvarci.
*
Sotto zero.
Lo zelo vede appena
la trasparenza di un uovo sbattuto,
uno zabaglione senza l’occhio,
un fiocco di neve con un buco nel cuore
come una ciambella ancora intera per poco,
un agnello non ancora nato, la verginità
delle ostriche terrorizzate da un limone,
l’esaurimento di un orologio e
la siccità di un bicchiere, la stella di Natale
con una punta verso terra, un riflesso
di un’aureola come protezione e un dolore,
sempre nello stesso posto,
sotto la costola numero zero,
mi fa capire quanto sia elementare la vita.
*
Certo che anche la rabbia è invecchiata
mentre mi giro sul letto dall’altra parte
ascoltando una voce morta del ventre
brontolare in una lingua non più in uso,
intanto la luna a spicchi mi ricorda
una vecchia barzelletta sulle corna,
sull’idraulico e sul tempo in anticipo,
mentre la mano nella tasca di flanella
cerca un sentimento come si cerca
un cetriolo nell’ammollo,
fra Lorazepam ad alto dosaggio e la vita,
quello, basso, l’occasione ci propone
la neve che non smette di cadere e
il Papa, uomo di pace, che ci lascia
andando in pensione.
***
(da Confidenze Confidenziali, Rayuela Edizioni, 2013)
Le parole
non per cazzeggiare o fare male, ma come
una medicina per rianimare la giornata
durano solo ventiquattro ore
e valgono per sempre.
Se zitta sto
di questo mio risveglio… spero…
non si accorgerà nessuno.