
Poesia I L'Atlantide di Fernanda Woodman
Aggiornamento: 9 mag 2020
Fernanda Woodman fa la sua misteriosa comparsa qualche anno fa sul web, con testi innovativi, una poesia ironica, quotidiana e potente, che accende l’interesse per un qualcosa di piuttosto unico e viscerale nel panorama poetico italiano. Non si riesce ad avere nessuna informazione bio-bibliografica sul personaggio, è solo dato sapere che sta completando un diario che uscirà in un futuro indefinito.
Anni dopo, il mistero è svelato, l’autrice è un eteronimo di una poetessa italiana contemporanea talentuosissima, della quale volutamente mi astengo dal rivelarvi il nome, in quanto vi invito ad indagare, cercare altre poesie sue (in rete è facilmente rintracciabile il tutto, l’identità è smascherabile con qualche click). Mantengo l’anonimato perché immagino Fernanda Woodman e la sua controparte come le vite opposte ma parallele di un supereroe. Sappiamo che Batman è Bruce Wayne, ma che mondo sarebbe se non fossimo a conoscenza della sua vera identità?

Lasciando da parte discussioni su supereroi e le loro vite da persone comuni, senza costume o maschera, la confessione diaristica di Fernanda Woodman prende forma, si intitola Più Misteriosa Della Morte È La Domenica - Diario 2012-2018 e viene pubblicata per Sartoria Utopia nell’ottobre 2019. Il libro è fatto a mano, cucito con ago e filo, con la stessa accuratezza con cui la poetessa cuce insieme un immaginario surreale e post-moderno in cui quasi tutto è possibile o per lo meno immaginabile.
La silloge si presenta appunto come un diario, suddiviso in stagioni, e parte con le presentazioni nell’Intro, chiamando in causa “generazioni” che “sono barche incagliate nel cuscino” e “affondano nel sonno”.
È una raccolta ricca di immagini quotidiane, richiami cinematografici e sfumature pop-art racchiusi tra “portagioie manicomiali” e “ballerine in letargo”. Le prime, sembrano aprirsi come matrioske per rivelare la presenza di un’altra sosia più piccola all’interno e un’altra ancora - altri segreti. Le seconde, sembrano inchinarsi, volersi prendere gli applausi della platea e poi girarsi e alzare il dito medio verso i giudici. Questo, in senso canzonatorio, ironico, irriverente, non tanto per oltraggio a pubblico ufficiale, quanto per sottolineare una certa voglia di ribellione, una necessità di libertà da regole poetiche, giudizi critici e punteggi ideali. Un’irriverenza che trionfa non solo nella scelta lessicale ma anche nello stile privo di maiuscole, o nella punteggiatura: alcune poesie finiscono semplicemente con i due punti, senza che nessun elenco attenda dopo; altre richiedono un punto di chiusura; altre ancora finiscono senza punto, imprevedibili, in divenire. Ci sono poi “sogni rotti” e “piccole meduse assiderate”, traslochi veri o inventati, accanto a “topi che bevono vino” ed “ere di lenzuola”, mentre “droni e pterodattili usurpano le nuvole nel cielo di rame di un febbraio”.
Si entra subito nell’autunno. Non ci viene consigliato che vestiti indossare ma sappiamo che, come le altre, sarà una stagione a rallentatore. Il viaggio autunnale segue gli schiamazzi delle feste estive e procede su un treno Ventimiglia-Nice, nel tentativo di scappare dai bugiardi, cosicché le loro parole-menzogne si possano sciogliere tra un “tè nero” ed “una partita a scala quaranta”.
La modalità slow-motion prosegue, perfetta, nell’immagine di un “kebab che gira per l’eternità” e si amplia ulteriormente, come quei proiettili che si espandono all’interno, quelli che si dilatano solo una volta dentro ed esplodono nel costato. Questa esplosione in grado di fermare tutto e accelerare ogni cosa nello stesso momento, è data dal popolarsi e susseguirsi, anche all’interno della stessa poesia, di una serie di diverse coordinate temporali e spaziali. Così, su un tram, “stanotte” si entra “nell’Era dell’Acquario” e allo stesso tempo si é partecipi “del traffico delle sei e trenta”. Geograficamente, si è situati tra Atlantide e Milano, Piazzale Loreto, per essere precisi; è ancora autunno e le foglie che cadono dai rami vengono raccolte in quanto scambiate per patatine evase da un sacchetto.
Arriva l’inverno, portando con sé lampade-meduse, confuse sul se stare al mare o in una stanza, forse per illuminare il buio, dare una minima illusione che la luce porti calore per potersi riscaldare, sciogliere il gelo.
Primavera ed estate rimangono quasi incastrate in “mille traslochi immaginati”, pomeriggi che sbiadiscono nel “ricordo della luna”.
L’Astrologia ci dice che l’Era dell’Acquario - la nuova età dell’oro del genere umano, ricca di innovazioni tecnologiche, apertura mentale, spiritualità, conoscenza e solidarietà - inizierà l’anno 2600, ma le sue influenze sarebbero già percepibili al giorno d’oggi. Allo stesso modo, il futuro lontano di cui parla la Woodman profuma di un passato assai vicino, di un presente strano e assurdo ma sfiorabile con un dito, e di un futuro che è ovunque e da nessuna parte nello stesso momento. La tensione di queste forze opposte tra messa in pausa ed accelerazione improvvisa è forse data dalla co-presenza dei due governatori del segno dell’Acquario: la lentezza e la pazienza di Saturno lottano o meglio danzano, fanno yoga, con l’esplosività di Urano.
Nella danza di parole di questa poetica, l’Era dell’Acquario accade alla fermata del tram di Milano, in un ipotetico viaggio provvisorio di pendolari in giacca e cravatta, universitari stanchi ed iscritti al corso sbagliato, scippatori che cercano tasche da svuotare e tossici bellissimi, mentre all’orizzonte trionfano le scritte Goodyear e i poster di Sophie Marceau. In questo scenario, giovedì durano tutto ottobre, Milano diventa Atlantide, la sera si trasforma in autunno, per coronare e proseguire questa immensa dilatazione spaziale e temporale di stagioni che seguono un calendario tutto loro e luoghi che non compaiono su atlanti o cartine geografiche né tanto meno possono essere raggiunti con l’aiuto di Google Maps.
Qui, siamo dove abita lo s-decoro, l’anti-decoro, in “sere che non esistono” mentre “le notti aspettano dappertutto”. Non sono un caso, forse, il nome volutamente utopico della casa editrice, e il richiamo (fatto più volte) ad Atlantide, uno dei tanti non-luoghi, potenzialmente perfetto ed irraggiungibile; un’isola perduta, una città immaginaria sprofondata per disgrazia in un solo momento, all’improvviso.
In questa confusione spettacolare, tra stelle, aquiloni e “il traffico dei tricicli”, le poesie della Woodman incontrano le note del cantautore inglese David Gray che nella sua Slow Motion dichiara: “Mentre ti guardavo, ti dissolvevi lentamente/Me lo sono immaginato o i muri hanno occhi?/Me lo sono immaginato o ci hanno tenuti ipnotizzati?/…/La vita a rallentatore in qualche mondo non sembra reale/Fiocchi di neve stanno cadendo ed io li prenderò nelle mie mani”.
Ecco, l’appello al lettore sembra proprio di riconoscere la differenza tra rallentamenti ed accelerazioni, e di vedere il futuro come qualcosa che non è ancora qui ma è sempre presente come potenzialità. Una spinta utopica tra il qui ed ora, il là e poi, dove rimanere estatici, dove le posizioni di tempi e luoghi non sono più opposte ma diventano la stessa cosa, un’unica coordinata spazio-temporale verso Atlantide, verso l’Era dell’Aquario, per prendersi gioco di alcune immagini quotidiane, sempre uguali, e usarle per creare qualcosa di diverso, innovativo, sensazionale.
L’invito è quello di prendere un taxi per andare a fare una partita a bowling e fare strike. Fare strike, raggiungere un qualsiasi non-tempo e non-luogo in grado di farci percepire l’eterno girare delle cose e farci fermare nel movimento. Farci fotografare mentre anche noi, ipnotizzati in slow-motion, siamo intenti a raccogliere fiocchi di neve contenenti sogni spezzati da ricucire e meduse assiderate a cui offrire una coperta. La meta rivelata tra le pagine di questo diario sembra avvicinarsi al concetto di futurità dell’accademico José Esteban Muñoz, una dimensione utopica sia temporale sia spaziale che contiene in sé passato, presente e futuro, e punta ad una sorta di infinito, mai afferrabile completamente ma sempre percepibile in potenzialità. Futurità è ciò che ci fa capire che “questo mondo non è abbastanza, che manca qualcosa”.
Quindi fate i bagagli, il treno parte stanotte.
Non dimenticate ago e filo, a volte la vita è un taglia e cuci.
A volte, è un diario che racchiude sei anni di supernove e altalene e, a chi riesce a stare in piedi nell’oscillazione, promette un biglietto di sola andata per il regno di Atlantide o Gotham City.
Nota critica a cura di Sara Comuzzo
***
AUTUNNALE
me ne vado.
prendo il notturno Ventimiglia - Nice.
e su questi vagoni di serie B
confido di incontrare una ragazza complicata
per una partita a scala quaranta e un melograno
come nella scena scartata
di un qualsiasi film del primo Bertolucci.
tutto questo è autunnale
mi dirà mentre beviamo un tè nero da un thermos.
e degli spettri di mille bugiardi
non ci sarà più traccia.
*
ROMA
si aspettavano al cimitero dei treni
in giovedì capaci di durare tutto ottobre
ma erano appuntamenti sbagliati:
vicino ai vagoni c’era solo un cane giallo
o un sacchetto vuoto che volava
due cinesi gambe di ragno e zeppe enormi
questo è quello che ha da offrirmi l’universo
la nuvola dirigibile debellava il sole
che scompariva sotto la scritta good year
rimaneva la pompa di benzina
l’insegna e la conchiglia
il kebab girava per l’eternità
*
SOPHIE MARCEAU
era il tram numero uno che stanotte
partiva per Atlantide distribuendo ai passeggeri
fette di pane nero spalmato in Marmite?
a Milano lo aspettavamo alla fermata
stretti in montgomery blu dagli alamari slabbrati.
ed era autunno, come sempre.
le foglie cadevano.
credendole patatine cadute da un sacchetto
ne raccolsi una manciata dal marciapiede.
sognavo di essere la nebbia
di venire attraversata dal traffico delle sei e trenta
in Piazzale Loreto:
Sophie Marceau era su tutti i cartelloni
e l’orologio segnava l’Era dell’Acquario:
*
PIGIAMA PARTY
Il contrario del decoro abita qui
la stanza è una festa di scimmie e ergastolani
in pigiama a righe
e
le bucce di mandarino le hai annusate
in tutte queste sere che non esistono
alla luce azzurrata della tv
la lampada-medusa crede di essere nel mare
si muove dal muro alla finestra
e la notte la aspetta dappertutto
*
NATALE
come sono belli questi tossici
che nella notte puntano il cielo
aspettando il guaito del Cane Minore
sognano tutti la stessa stella
con le sembianze di una bambina thailandese
nel cortile un filippino organizza il traffico dei tricicli.
lei abita all’ultimo piano.
vicino alla nuvola e ai fiocchi di neve.
sogni rotti e piccole meduse assiderate.
*
VERSO LE CINQUE
sono la principessa delle brugole
dei mille traslochi immaginati
in estati che non erano le mie
volevo essere una tenda verde
sui balconi serrati delle case
sbattere alla luce alle ringhiere
assorbire i pomeriggi poi sbiadire
***