
Poesia | testi di Sharanya Manivannan
Aggiornamento: 25 nov 2020

Sharanya Manivannan - photo by Catriona Mitchell

Oggi presentiamo due poesie, tradotte da Andrea Sirotti, di Sharanya Manivannan autrice, di origine indiana, di cinque libri: un romanzo, The Queen of Jasmine Country (HarperCollins India, 2018), una raccolta di racconti, The High Priestess Never Marries (HarperCollins India, 2016), due libri di poesia, Witchcraft (Bullfighter Books , 2008) e The Altar of the Only World (HarperCollins India, 2017); e un libro illustrato per bambini, The Ammuchi Puchi (Lantana Publishing, 2016 e Puffin India, 2018).
Nata in India nel 1985, è cresciuta in Sri Lanka e Malesia; Vive a Chennai dal 2007. Sharanya cura una colonna dal titolo "The Venus Flytrap" su The New Indian Express. Attualmente sta lavorando a un romanzo, Constellation of Scars, oltre a vari altri progetti di poesia, narrativa e illustrazione. (Valentina Meloni)
Una nota a cura di Debasish Parashar
L'amore si connette a sé stesso attraverso una "scia" di memorie, una successione ricorrente di sepolture e rinascite. "Lightning Over Dindivanam Highway" di Sharanya Manivannan è una poesia in cui la distanza sembra essere inadeguata a resistere agli ioni dei ricordi condivisi. La poesia è qualcosa di più di una collezione, piuttosto un’evocazione di cose inverosimilmente dolci in amore. Non è una poesia che piange o si rammarica di quelle impossibilità, ma penetra più a fondo nelle vene di un'individualità, che è anche un divenire di luoghi e tempi. Il tono è personale, ma controllato. L'io ripercorre l'altro nella possibile scia di ricordi che negoziano attraverso "shock anamnestici".
Nelle poesie di Sharanya, si può trovare una collezione di esperienze cosmologiche e spirituali acquisite con convinzione, conservate nel corpo e nutrite attraverso il ricordo, come in "Sun-Swallower"(poesia apparsa assieme alle altre in Superstition Review nel 2010) . Il corpo umano diventa un microcosmo dell'universo macrocosmico. "Keeping the Change" rafforza il significato della cura della memoria, anche per ciò che riguarda i ricordi più ordinari e dolorosi, proprio come quando si raccolgono e conservano monete, anche quelle "di troppo poco valore per curarsene, troppo pesanti da portarsi dietro." La persona poetica in "Distant Star" si evolve in una voce di convincimento attraverso tre fasi rispettivamente di abnegazione, autorealizzazione e autoaffermazione. Il tono è profondamente personale e poetico, a volte retrospettivo e soggettivo.
Le poesie di Sharanya sono intuizioni ricorrenti sulle negoziazioni dinamiche tra amore, memoria e distanza. (Debasish Parashar)
Keeping The Change
In the French Quarter I wrote you
love poems in yellow ochre,
unscrolled them like a trellis
of bougainvillea, paper
petals too intense to abandon,
too fragile to keep. How many
shots of thirty rupee citrus vodka
could we get for a ten dollar
bill? Everywhere we went you
told them to keep the change,
placing it palm-down back on
the table, so when I picked up
your hand to kiss it after, I
smelt metal on your skin.
I don't know what you came
here looking for, but it
wasn't in the cobblestone,
or in the rock-bordered
coastline, it wasn't in the
prayer-dome or in anything
you filled those palms
with when I lifted those
dresses I bought on those
streets over my head,
needing you the way a vine
of thorns needs a spine.
And this much later, a
coffer in my memory still
rattles – your coins too
cheap to care for, too heavy
to carry.
But I have a weakness
for copper and weight, and
I have collected them all,
handfuls of ore and residue.
They function like paperweights,
burdening the wisps of things,
their threats to drift away.
Tenere il resto
Nel quartiere francese ti ho scritto
poesie d’amore in giallo ocra,
le ho dispiegate come un graticcio
di bougainvillea, petali
di carta troppo intensi da abbandonare,
troppo fragili da mantenere. Quanti
shot di vodka al limone da trenta rupie
prendevamo con una banconota da trenta
dollari? Ogni volta che ci andavamo
gli dicevi di tenere il resto,
mettendo i soldi sul tavolo a mano aperta,
così quando più tardi ti ho preso
la mano per baciarla ti
ho sentito l’odore di metallo sulla pelle.
Non so cosa sei venuto
qui a cercare, ma non
era nei ciottoli,
o nella costa bordata
di scogli, non era nella
cupola sacra o in niente
di cui ti sei riempito
quelle mani quando ho sollevato
sulla testa quelle vesti che
ho comprato in quelle strade,
volendo te nel modo in cui un rovo
vuole una spina.
E tanto tempo dopo, uno
scrigno nella memoria ancora
tintinna – le tue monete di troppo
poco valore per curarsene, troppo pesanti
da portarsi dietro.
Ma ho un debole per
gli spiccioli e i pesi, e
Li ho raccolti tutti,
manciate di scorie e residui.
Sevono da fermacarte,
zavorrano i fasci di cose,
contro le minacce di deriva.
*
Lightning Over Dindivanam Highway
Somewhere along this trail is
the place where you lost me, and the part
of me that did not outlive that burial.
Even in rear view, I can no more calculate your
movements than I can fathom
the distance at which you have held me.
The stars small mirrors through gauze,
giving away nothing -
in my head, memory
a many-winged wildness.
Wherever you are tonight, perhaps it runs
through you also, the thing that
runs through me when I throw open the door
and step into the storm, the wet of the world
upon my body's own electricity. Perhaps
it blinds you for a moment too, splinters
down to your bones perhaps it floods
you with a certain, anamnestic shock.
Lampi sulla Dindivanam Highway
Da qualche parte lungo questa strada c’è
il luogo dove mi hai perduto, e la parte
di me non sopravvissuta alla sepoltura.
Pur ripensandoci, non riesco a calcolare i tuoi
movimenti più di quanto riesca a valutare
la distanza a cui mi hai tenuto.
Le stelle, piccoli specchi fra la garza,
che non svelano nulla -
nella mia testa, il ricordo
un’alata sbrigliatezza.
Dovunque tu sia stanotte, forse
ti percorre, quello che
percorre anche me quando spalanco la porta
ed esco nella tempesta, l’umido del mondo
sull’elettricità stessa del mio corpo. Forse
acceca per un attimo anche te, si scheggia
fino alle ossa, forse ti inonda
di un certo shock della memoria.
Traduzioni dei testi poetici a cura di Andrea Sirotti
Si ringrazia Emilia Mirazchiyska per l'intermediazione
Sharanya Manivannan è autrice di diversi libri di poesia, narrativa e letteratura per bambini, tra cui The High Priestess Never Marries e The Altar of the Only World. Scrive in inglese, è cresciuta in Sri Lanka e in Malesia e vive in India. www.sharanyamanivannan.in
Andrea Sirotti Andrea Sirotti è nato a Firenze, dove insegna lingua e letteratura inglese nei licei. Critico letterario e traduttore, fa parte delle redazioni di «Semicerchio», rivista di poesia comparata e di «Interno Poesia», blog e casa editrice per la promozione della poesia. Dal 1999 traduce per l’editoria, soprattutto poesia e narrativa postcoloniale. Tra i poeti tradotti (o co-tradotti) figurano Jane Hirshfield, Margaret Atwood, Carol Ann Duffy, Eavan Boland e le indiane Arundhathi Subramaniam (premio Ceppo 2014) e Sujata Bhatt. Ha anche tradotto, per Einaudi, Rizzoli e altri editori, narratori come Chimamanda Ngozi Adichie, Hisham Matar, Alexis Wright, Hari Kunzru, Aatish Taseer e Lloyd Jones. Opera da anni come promotore di eventi letterari, collaborando all’organizzazione di festival di poesia internazionale. Dal 2000 al 2008, insieme a
Vittorio Biagini, ha curato per il Comune di Firenze le rassegne-concorsi del «Nodo sottile» sulla poesia giovanile. Insieme a Shaul Bassi ha pubblicato nel 2010 Gli studi postcoloniali. Un’introduzione, per i tipi de Le Lettere, Firenze. Per Giunti ha curato le introduzioni al Gitanjali di Tagore e alle opere poetiche di Oscar Wilde. Curatore e co-curatore di antologie poetiche “a tema”, ha al suo attivo: L’India dell’anima, antologia di poesia femminile indiana contemporanea in lingua inglese (Le Lettere, Firenze 2000, [seconda edizione, 2006]); Men/Uomini, ritratti maschili nella poesia femminile contemporanea, con Giorgia Sensi (Le Lettere,Firenze 2004) e Gatti come Angeli, antologia di poesia erotica femminile in lingua inglese, con LoredanaMagazzeni (Medusa, Milano 2006).