- Antonio Merola
Poesia | Spin 11/10 di Francesco Maria Tipaldi

Il nuovo libro di Francesco Maria Tipaldi, edito dalla collana Gialla di LietoColle e dal titolo Spin 11/10, ci scaraventa nell'ipermetropia – un eccesso di diottrie capace di andare oltre il visibile ma anche l'impossibilità di mettere a fuoco – che struttura l'intera opera, suddivisa in undici capitoli. Capitale è il tema dell'invisibile, che si manifesta nella poesia dal titolo I quanti, intrisa di una lacerante religiosità e che può suggerire una dichiarazione poetica: «Un uomo su una macchina infernale / e giallina / infuriato che sembrava un alce / si scagliava / ripetutamente... sulla statua di Cristo».Secondo la fisica quantistica, i quark si muovono a velocità vorticosa e si combinano tra loro in modo del tutto imprevedibile, dando vita alla materia e all'antimateria, al peso. La premessa è necessaria per comprendere uno dei temi della silloge e per offrire al lettore un'interpretazione alla pervasiva nostalgia della non-esistenza. Il testo che apre il libro («il bambino fu sparito, nemmeno una briciola di lui») ci catapulta nel viaggio percettivo. Ecco che in Cosa ci fai qui? l'universo «non è che un contrattempo percettivo, amico mio / un problema sulla strada». E ancora: «Bisogna preferire / l'orrore dello stare al mondo a quello di uscirne?». Con Il maiale cervo con i suoi assistenti risuscita un morto, la poesia ottica di Tipaldi eccelle, e ci rende spettatori di una risurrezione: «Resuscitarono il suicida... quando dorme lo guardiamo / mentre / nel sogno mangia... era intatto all'esterno, ma debole / al tatto / facilmente apribile». E così aumenta il peso delll'esistenza e scende la temperatura: «annusare / il culo alla morte… È questo il tuo mestiere? Ficcare il naso nel culo / della morte… Per quale / vantaggio?». Nella lirica Spin, che dà il nome all'intera raccolta e compare solo nel settimo capitolo, si chiarisce l'intenzione: «Esiste Dio? Esiste qualcosa all'infuori di Dio?... Cosa è mai / tutto questo, amico mio. Dove andiamo».
È utile rilevare la formazione scientifica dell’autore, indicando l'urgenza, per una poesia moderna, di una formazione umanista transdisciplinare, propria della nuova epistemologia. Emblematica in questo senso è (Missioni), tra le poesie più riuscite della raccolta, per l'approccio originale che scardina l'antropocentrismo riscoprendo l'animalità: «Posso giurare di aver visto un ginecologo scimmia / lanciare / una specie di missile dentro una donna… Un animale sconvolto può diventare un altro animale… Gli ufo somigliano a dei lama... Un animale responsabile non è un animale». Un approccio epistemologico introdotto da uno dei pochi poeti che frequenta la filosofia, Alberto Pellegatta.
Particolare è la lirica più sperimentale dell'intera silloge, una sinestesia tra immagine, ritmo e disvelamento poetico, Nonostante mi fossi imbattuto per evitare il giallo. La migliore sintesi della conflittualità visibile-invisibile: «Ci si può aggrappare al giallo ma è da disperati… dovresti essere pronto, essere attento... alcuni dicono: ben venga il giallo / altri lo temono fortemente e sono di più… se dovessi tornare a casa (e sano e salvo) ringrazia Dio». La cifra stilistica delle liriche più brevi proviene dalla tradizione comica quattrocentesca e, in particolare, dal Panormita dell'Ermafrodito, per la ludica spregiudicatezza: «un chihuahua aggrappato a un grosso gatto» e «la bestia bestiale saltando / toccava la gente col suo pene rosso».
Nota di lettura a cura di Orlando Turechi a Francesco Maria Tipaldi, Spin 11/10, Gialla LietoColle, 2019
amico buono
dalle sette alle otto di sera maniaco sessuale
il sesso telefonico mi riempie, mi riempie
e io sì
amore nello spazio che frana, amore lontano
Onan, il bello peccava nel buio
sentiva il fremito nero, le sostanze migliori
attraversarlo
.
mi disse: il lievito mi sfiora le cosce, e io sì
***
dicono sia la morte questo senso
di spossatezza
questa stazione zuppa
di mosche
si dorme quasi sempre
uno sull’altro,
sui corpi fiorisce l’edera di casa
– io lo so che verrete
madre
il nulla ci mangia nella mano
come fosse un cane