- valentina meloni
Poesia | testi di Chandramohan Sathyanathan
Aggiornato il: gen 12

Chandramohan Sathyanathan photo credit Umar Timol
Oggi presentiamo tre poesie del poeta e critico letterario anglo-indiano dalit Chandramohan Sathyanathan introdotte da una nota della poetessa americana Ellen Bass.
Storia, mito e lingua madre. Una nota di Ellen Bass.

Le poesie di Chandramohan Sathyanathan sono risolute, ossessionanti, significative. Affrontano grandi temi: storia violenta, memoria e linguaggio nelle sue complessità. In “L'ombra del mio ricordo”, Sathyanathan inizia con un'assoluta pretesa di autorità, “Sono il poeta, che ferma immagini/dall’abisso del tempo...” e continua a fare proprio questo. Con immagini vivide, confronta il modo in cui Mito e Storia sono mescolati con “con la precisione e sveltezza di/ una stoccata di cobra-lingua biforcuta”. Considerati gli eventi degli ultimi anni in cui non solo mito e storia, ma fatti e fatti alternativi, verità e menzogne, sono stati confusi e discussi, queste parole sembrano particolarmente urgenti. Sentiamo il poeta “iscritto nella terra”, con le radici che “cercano l’architettura/ con margine di respiro per tutti” e in quell'apertura, conclude: “Recupero me stesso”. Il poeta Li-Young Lee dice che scrive per creare un sé e qui vediamo Sathyanathan fare proprio questo.
In “Lo storico fa l’autopsia a un albero”, ispirato a “How to Pick a Hanging Tree”di Kwame Dawes, Chandramohan affronta la brutalità del linciaggio, descrivendo quale tipo di albero è necessario per impiccare un uomo. Seguendo il consiglio di Cechov di “scrivere con più freddezza”, questa poesia devastante descrive “Il terreno intorno alla base/ come il piattino da tè”. Quella metafora che spinge l'albero del linciaggio contro la piacevole e civile tazza da tè ci colpisce con tutta la sua forza, mostrandoci l'orrore di cui sono capaci gli umani, anche mentre bevono il loro tè. Forse la strofa più intrigante di questa poesia è in queste tre righe: “Quest’albero fu abbattuto/ con un’ascia, dal manico/ ricavato dall’albero stesso.” Qui l'albero è fatto per autodistruggersi. Mi fa pensare al modo in cui gli schiavi sono stati costretti a picchiare o uccidere altri schiavi, al modo in cui le vittime dell'Olocausto sono state costrette a scavare le proprie fosse, e così tanti altri modi in cui i torturati sono stati arruolati per compiere la propria morte. Alla fine “Le foglie di alberi siffatti sono verde intenso/ verde lussureggiante, che trae nutrimento dalle salme.” L'albero non ha scelta. Non è in grado di rifiutare ciò per cui è usato, ciò di cui è nutrito. È allo stesso tempo innocente e degradato.
Nella poesia finale di questo gruppo, “La mia lingua”, Sathyanathan condanna la pratica di costringere i bambini a rinunciare alla loro lingua madre e imparare una lingua più "accettabile" e tutto ciò che viene distrutto in quel processo. In una serie di forti metafore scrive: “Insegnare una lingua aliena alle elementari/ è come costruire dighe su fiumi/ troppo vicino alle sorgive./
Il fiume ne sarà sedato in eterno.”
Continua dicendo: “Amara pasta di neem /spalmata intorno ai/ capezzoli della mia madre naturale/ per svezzarmi dal mio volgare ‒” Non solo la lingua è perduta, ma anche quello che si può dire nella lingua appena introdotta non è così ricco, non così profondo o accurato come nella lingua originale. Quindi, non si tratta semplicemente di sostituire una lingua con un'altra, ma anche di limitare e distorcere il pensiero. Scrive: “Richiede un intervento chirurgico/ inter-generazionale/ per rimuovere i proiettili dell'uomo bianco/ dalla costola del mio libro di poesie.”
Recuperare la propria lingua, la propria mente, la propria storia è un processo lungo, ma queste poesie si impegnano pienamente a riprendere questo lavoro. (Ellen Bass)
The shadow of my memory
“… An unreliable shadow of memory” ‒ Italo Calvino (Tr: William Weaver )
I am the poet, fixing images
from the abyss of time
into the canvas of the past
where Myth and History are miscible
with the precision and swiftness of
a fork-tongued cobra strike.
To retrieve my memory;
I tame an eagle with my lyrics.
when sung with my blood-red tongue
the eagle glides over my landscape
scanning for rivulets of my bloodstream
veering off my footprint trail.
I grip the aerial roots
of a banyan tree
with my palm, l envisage
an oral lyric swaying
with the winds of the time.
After being scripted into
the soil, roots seek architecture
with breathing space for all
where I inhale an anti-clockwise birth.
In the preordained
aural ellipse of a prophecy
I retrieve myself.
L’ombra del mio ricordo
"... l’ombra insicura del ricordo. " ‒ Italo Calvino
Sono il poeta, che ferma immagini
dall’abisso del tempo
nella tela del passato
dove Mito e Storia sono miscelabili
con la precisione e sveltezza di
una stoccata di cobra-lingua biforcuta.
Per recuperare la memoria;
domo un’aquila con le mie poesie.
Se cantata con la mia lingua rosso sangue
l'aquila scivola sopra il mio paesaggio
scrutando in cerca dei rivoli del mio sangue
virando dalla scia delle mie orme.
Afferro le radici aeree
d’un baniano
col palmo, mi figuro
una lirica orale fluttuante
con i venti del tempo.
Dopo essere state iscritte nella
terra, le radici cercano l’architettura
con margine di respiro per tutti
dove inalo un’origine in senso antiorario.
Nella preordinata
ellisse aurale d’una profezia
recupero me stesso.
***
THE HISTORIAN'S AUTOPSY OF A TREE
“Kill, you may kill, sell, you may sell”
--- (Slave Transaction Document)
After “How to pick a hanging tree”? by Kwame Dawes
*
The roots must be strong near the base,
then it is unlikely that the trunk will be usurped
by the push and shove of a slave.
“A mushroom that grows on the bark has no deep soil.”
*
This tree was chopped down
with an axe, with its handle
axed from the same tree.
*
The soil surrounding the base
like the saucer of a tea-cup
has to be wide and deep enough
for the corpse to be covered.
Further excavations might unearth a trite semi-rusted tale
could crumble into pieces unless handled with care.
*
The leaves of such trees are greener
lush green, the nourishment from corpses.
This shade of green is abundant in “God’s own country”.
LO STORICO FA L’AUTOPSIA A UN ALBERO
"Uccidi, ne hai facoltà, vendi, ne hai facoltà"
--- (Documento del commercio di schiavi)
Ispirato a How to pick a hanging tree? di Kwame Dawes
*
Le radici vicino alla base devono essere robuste,
in tal modo, è improbabile che il tronco sia scalzato
dal peso e dalla spinta d’uno schiavo.
"Un fungo nato sulla corteccia non ha suolo profondo."
*
Quest’albero fu abbattuto
con un’ascia, dal manico
ricavato dall’albero stesso.
*
Il terreno intorno alla base
come il piattino da tè
deve essere largo e profondo quanto basta
da coprire il cadavere.
Scavi ulteriori porterebbero alla luce una storia trita semi-arrugginita
a rischio di sgretolarsi se non maneggiata con cautela.
*
Le foglie di alberi siffatti sono verde intenso
verde lussureggiante, che trae nutrimento dalle salme.
Questa tinta di verde abbonda nella “Terra di Dio”.
***
MY LANGUAGE
The language we speak now,
once had no fences;
aggravated trespassing
has rendered it barren.
At the frontiers of my language
deployed with an insidious intent
is a domesticated erstwhile stray-dog
with its bark worse than its bite;
but carefully tethered to harm no one.
If you frequent my tongue
the rust on your tongue-cleaner
can cause tetanus to your soul.
Introducing an alien tongue in elementary schools
is like building dams on rivers
too close to their origins.
The river will be sedated for eternity.
Bitter neem-paste
smeared around my
birth-mother’s nipples
to wean me away from my vernacular‒
for me to go and kiss the world.
Our minds like beddings with synthetic bed spread
love betraying us like
my muse calling out the name of her ex-lover in ecstasy.
It requires an inter-generational
surgical procedure
to remove white man’s bullets
from the spine of my book of poems.
In the autobiography of my vernacular
there were a few suicide notes
transliterated with an indelible ink
like the legacy of slave owners
passed on to the hardbound of my poetry book
-once a stepping pedestal for imperial boots.
My language
was a tax-free transit point
at one of the world’s shores
like the Cape of Good Hope.
Now, story of man
snores in my language.
LA MIA LINGUA
La lingua che parliamo adesso,
un tempo, recinti non ne aveva;
violazioni aggravate
l’hanno isterilita.
Alle frontiere della mia lingua
schierato con intento insidioso
c’è un ex cane randagio domato
i suoi latrati peggiori del suo morso;
ma con cura legato, per non far male a nessuno.
Se frequenti la mia lingua
la ruggine sul tuo puli-lingua
può darti il tetano all’anima.
Insegnare una lingua aliena alle elementari
è come costruire dighe su fiumi
troppo vicino alle sorgive.
Il fiume ne sarà sedato in eterno.
Amara pasta di neem
spalmata intorno ai
capezzoli della mia madre naturale
per svezzarmi dal mio volgare ‒
perché andassi a baciare il mondo.
Le nostre menti come letti con coperte sintetiche
godono nel tradirci come
la mia musa che invoca, in estasi, il nome dell’ex-amante.
Richiede un intervento chirurgico
inter-generazionale
per rimuovere i proiettili dell'uomo bianco
dalla costola del mio libro di poesie.
Nell'autobiografia del mio volgare
c’erano alcune note suicide
traslitterate con inchiostro indelebile
come il lascito dei proprietari di schiavi
tramandati dalla copertina rigida del mio libro di poesie
‒ un tempo piedistallo a gradini per stivali imperialisti.
La mia lingua
era punto di transito esentasse
su una delle coste del mondo
come il Capo di Buona Speranza.
Ora, la storia dell'uomo
russa nella mia lingua.
***
Traduzione dei testi poetici Angela D’Ambra
Revisione Andrea Sirotti
Traduzione della nota Valentina Meloni
Chandramohan Sathyanathan (b.1986) is an Indian English language Dalit poet and literary critic based in Trivandrum, Kerala. His accolades include being on the shortlist for the Srinivas Rayaprol Poetry Prize 2016 and a fellowship at the International Writing Program (IWP-2018) at the University of Iowa. His first book "Letters to Namdeo Dhasal", published in the year 2016, was on the shortlist for the Yuva Puraskar of Sahitya Akademi (Academy of Letters). With his book "Love after Babel and Other Poems" (Daraja), published in March 2020 in Canada, he won the 2021 Nicolás Cristóbal Guillén Batista Outstanding Book Award.
Chandramohan Sathyanathan (nato nel 1986) è un poeta e critico letterario anglo-indiano dalit; vive a Trivandrum, Kerala. I suoi riconoscimenti includono la presenza nella rosa dei finalisti per il Srinivas Rayaprol Poetry Prize 2016, e la borsa di studio dell’International Writing Program (IWP-2018) presso l’Università dello Iowa. "Lettere a Namdeo Dhasal" pubblicato nel 2016 era fra finalisti per lo Yuva Puraskar della Sahitya Akademi.
Con il suo libro "Love after Babel and Other Poems" (Darija), pubblicato a marzo 2020 in Canada, ha vinto il Premio Nicolás Cristóbal Guillén Batista Outstanding Book 2021.
Angela D’Ambra si è laureata in Lingue e Letterature Straniere (Università di Firenze) nel 2008. Nel 2009 ha conseguito il diploma di Master II in traduzione di testi post-coloniali in lingua inglese (Pisa); nel 2015, la laurea in Lettere moderne (Firenze); nel 2019, la laurea magistrale in Teorie della Comunicazione (Firenze). Dal 2010 traduce, a livello amatoriale (non-profit), poesia postcoloniale in lingua inglese. Le sue traduzioni sono apparse su varie riviste italiane online e cartacee. Ha pubblicato tre libri di poesia canadese in traduzione italiana: Gary Geddes, Essere morti a Venezia (novembre 2019); Glen Sorestad, Betulle danzanti (febbraio 2020), Susan McMaster, Visitazioni (marzo 2020). Le tre plaquette sono pubblicate da IMPREMIX, Torino.
Angela D’Ambra achieved an advanced degree in Foreign Languages & Literatures (2008: University of Florence). In 2009, she achieved a Master II degree (translation of post-colonial texts: English & Italian) at University of Pisa. In 2015, she achieved a Bachelor degree in Modern Italian Literature. In 2019 an advanced degree in Theories of Communication (University of Florence). In 2010, she started her activity as a non-profit translator of postcolonial poetry. Her translations have been published by several Italian magazines. She translated three chapbooks of Canadian poetry into Italian (series Maple Leaves): Gary Geddes, Essere morti a Venezia (Nov. 2019); Glen Sorestad, Betulle danzanti (Feb. 2020), Susan McMaster, Visitazioni (March 2020). The three chapbooks are published by IMPREMIX, Torino.