- iurilombardi
Poesia | testi di Riccardo Delfino
Quelli che vanno
Di fianco alle poltrone ammuffite,
i nipoti fanno vendemmia.
Tra un cero acceso al vespro
e un padre nostro farsi bestemmia.
Una vecchia siede in fondo
al corridoio, ha più mali
che anni, e sopra il polso tiene
stretto un rasoio.
È qui che la coscienza
si assolve al dissapore,
che il respiro si fa pentimento.
Sotto questi cieli si vive
implorando lo spegnimento.
***
Un giorno
Un giorno ti rieducherai all’amore,
I sampietrini saranno parquet di altre estasi,
Mentre io porterò il nome dell’insoluto.
L’angoscia sarà escamotage del mattino,
Quando cadrai nelle labbra di altri carnefici
e di altre assenze:
Ed io, che non vorrò guardare
starò ancora sui tuoi piedi a contare
Il tempo d’attesa di una nuova morte.
***
Eclissi
Così vibrerà di nuovo il torace
solo per infarti. E tu che hai imparato
che il paradiso è fatto di carne,
gridi al tuo Dio fammi deperire.
***
Κραταιὰ ὡς θάνατος ἀγάπη?
Qualcosa di sangue scendeva
tra le ciglia e le sature guance
colme di tagli, tra i resti di qualche
morso, e l’acqua ferrosa
che li bruciava.
Insinuarti nelle dolci pieghe
della mia trincea, cercando
di fare poco silenzio, di non
annegare, naufraga di troppo
splendore. E dove, scivolando
la mano, finiva la pelle, io poi
gravavo col palmo nel freddo
dell’aria e dicevo “Vedi?
Finisco. Come puoi amare il finito?
Se mi oltrepassi tu perdi”.
Ma poi coglievi le mie mani
disperse nell’aria,
e come a fare verso dicevi
“Vedi? Continui. Se navighi
intorno al tracciato poi torni”
E via a riportarmi sui miei fianchi
come per farmi capire che esisto
e che ogni altra cosa dovrebbe
contare meno che questo.
E bastava guardarti per farti
capire che ogni altra cosa per me
contava davvero meno che questo.
Tranne la morte,
e forse che stasera
sei bella da ammutolire.