
Poesia I Poesie dell'Immaturità di Luca di Bartolomeo
Aggiornamento: 25 mag 2020
Che l’orologio vada avanti nonostante tutto e tutti, è un dato di fatto. Chiaro e logico come il riscaldamento globale o l’inquinamento delle metropoli. Così, l’analisi matematica del tempo, ci dice che un’ora è fatta da 60 minuti, un giorno da 24 ore e un anno da 365 giorni. Luca di Bartolomeo, nelle sue Poesie dell’Immaturità (Gianni Petrizzo Editore, 2018) trasporta il concetto di tempo quantitativo in chiave poetica, dipingendo un Big Bang in cui il conteggio delle ore diventa più complesso e meno numerico, poiché chiama in causa le diverse dimensioni temporali, strettamente dipendenti l’una dall’altra, per cui se il passato viene preso a calci, il futuro trema di paura, mentre il presente osserva. E così, il tempo del poeta è un orologio le cui lancette sono ladre ed i minuti si sbucciano per farci del succo d’arancia da bere dolcemente. È un mondo in cui le anime si parcheggiano, le cronache vengono arrostite e l’alba se ne va in giro in pantofole.

Il passato sopravvive inevitabilmente nei ricordi, che non vanno mai dove (né come) vogliamo; non seguono ordini, non usano il Gps per arrivare a destinazione; anzi, stanno ben attenti “a non bagnarsi i piedi”, ad evitare l’oblio e tornare sempre e comunque, tornare dal loro padrone come “cani fedeli”.
Nel presente “tutto brucia”, ma grazie a questo fuoco “già nasce una stella”.
Si entra in uno scenario dove pure i ciliegi hanno le braccia stanche ed in lontananza giunge “il passo del mondo”, sempre dipendente dal tempo, dal suo scadere, il suo andare avanti. Questa sinfonia di lancette batte su un muro che porta nomi sbagliati, definizioni incomplete. Il tempo procede, imperterrito ed incurante, il giorno non muore ma sbiadisce, le albe rincorrono le sere e, viceversa, ne sono rincorse, e si arriva ad un punto in cui il ticchettio dell’orologio rivive nel battito d’ali di colombe ferite.
Queste poesie ci offrono allora un altro dato di fatto, stavolta umano più che scientifico: il tempo fa male.
Eppure da questa presa di coscienza, sboccia il suggerimento di non dimenticarsi di albe, raggi di sole e stelle luminose. Perché, nonostante l’avanzare del tempo, nonostante le ali spezzate, le colombe riescono ancora a batterle. Forse non a volare, ma comunque a fare rumore, far sentire la propria voce, forse pure morire nel tentativo, oppure riuscire, per miracolo, in qualche modo, a spiccare il volo.
L’appello di di Bartolomeo sembra invitarci ad accogliere il sole, lasciarci illuminare dai suoi raggi, lasciarsi ferire, ammazzare. Perché tanto, nonostante tutto, nonostante il tempo, il suo Final Countdown e la sua violenza, nonostante passato, presente e futuro: qui si sopravvive.
Questa ineluttabilità della sopravvivenza risuona nelle note del pezzo indie-folk di Belle and Sebastian, band scozzese che nella sua Sleep the Clock Around descrive il cammino dell’immaturità verso una presa di coscienza : “E verrà il momento in cui tornerà il contegno/dai un volto al mondo, con le spalle al muro/cammina per venti metri con la testa in aria/lungo Liberty Hill, dove la brigata della moda/guarda con occhi curiosi ai tuoi modi malconci”.
Con queste premesse, ho un’ultima cosa da chiedervi: scusate, che ore sono?
Nota critica a cura di Sara Comuzzo
***
Succo d’arancia
Ti ho visto
mentre sbucciavi i minuti,
parcheggiando l’anima
alla curva del deserto.
Ho odorato le tue rose
color margherita,
tanto ammirate
e mai fiorite.
Ho assaggiato
le tue cronache arrostite,
ti ho sentito
chiamare ladre le lancette.
Ti ho aiutato
a rispolverare
i trofei di legno,
mai vinti, mai persi.
E ora, maledetta coscienza,
spremi l’aria in succo d’arancia.
E dolce
mi offri il bicchiere.
*
Aspettando un raggio di sole
Senti come sono leggeri
i passi dell’alba.
Sembra
che vada in pantofole.
Lo vedi, quel raggio di sole?
Afferralo,
come un dardo veloce.
E lasciati ferire,
e lasciati ammazzare.
Che qui si sopravvive.
*
I ricordi
Lucciole nella mente
seguono il filo
di un gomitolo di cocci.
Sull’orlo di una pozza
ma sempre lì, attenti,
a non bagnarsi i piedi.
Attenti a rispondere
all’appello, anche quando
il registro
è caduto nell’oblio.
È inutile cercare
di sguinzagliarli:
i ricordi sono cani fedeli.
*
Vivendo
Prendo a calci il passato.
E il futuro ha paura.
*
Tramonto
Tutto brucia.
Forse chiameranno i pompieri.
Intanto già nasce una stella.
*
Non interessava a nessuno di noi
Non interessava nessuno di noi
passare per saggio
lungo il sentiero spezzato
da incroci
quale dei fiori spezzare per
primo?
Il frinire dei manifesti
buono a scaldarsi una sera di freddo
sotto il ciliegio dalle braccia stanche.
Il passo del mondo
ticchettava sul muro su cui
scrivevamo
il nome sbagliato delle cose.
*
È una di quelle sere
È una di quelle sere
che sbattono le ali
come colombe ferite.
***